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PSICOSI INFANTILI E DISTURBI PERVASIVI DELLO SVILUPPO

Un forte egoismo instaura una protezione contro la malattia; tuttavia, prima o poi bisogna ben cominciare ad amare per non ammalarsi e se, in conseguenza di una frustrazione, si diventa incapaci di amare, inevitabilmente ci si ammala.
S.Freud - Introduzione al narcisismo 1914

Le psicosi infantili sono di individuazione relativamente recente sia nell'ambito della psichiatria che della psicoanalisi.
Nel 1908 Sancte de Sanctis per primo ha descritto un quadro clinico da lui individuato come demenza precocissima. Tale quadro aveva la originalità di riguardare un bambino di quattro anni mentre fino ad allora i quadri di autismo e psicosi infantile venivano inclusi nella più ampia categoria delle insufficienze mentali.
All'inizio del XX secolo Bleuler nello studio della schizofrenia ha definito le basi per un rinnovamento d'ordinemetodologico e psicopatologico di questo disturbo mentale senza influenzare tuttavia in modo significativo lo studio della psicopatologia infantile. Tra il 1930 e il 1940 la nozione di schizofrenia infantile ha avuto un suo apporto clinico da studi di neuropsichiatri infantili quali Tramer, Lutz e Corboz: per questi autori tuttavia la schizofrenia infantile è una psicosi cronica che evolve verso la pseudo-demenza.
Nel dopoguerra in Europa, presso gli psichiatri ad orientamento psicoanalitico, fra le diverse ipotesi psicopatologiche, si afferma quella psicoanalitica che appare determinante per una migliore comprensione del quadro clinico psicotico.
In particolare l'influenza di A. Freud e soprattutto della Klein è stata essenziale per l'approfondimento del concetto: basta considerare che il primo trattamento psicoanalitico di una bambina psicotica è stato pubblicato dalla Klein ben venti anni prima che Kanner definisse la sindrome di autismo infantile.
Il concetto di psicosi infantili prese allora il posto di quello di schizofrenia nel designare l'insieme delle turbe mentali evolutive gravi. Tuttavia persiste, nell'ambito della letteratura inerente la psicopatologia delle psicosi infantili, una distinzione tra psicosi e schizofrenia. La differenza appare fin dall'inizio strutturale: la psicosi è considerata come “organizzazione patologica della personalità legata ad una perturbazione nel contatto oggettivo con la realtà”, mentre la schizofrenia “ad una dissoluzione di questo contatto” (Despert 1937).
E' negli anni della seconda guerra mondiale e più precisamente nel 1943 che Kanner isola il quadro dell'autismo infantile precoce o autismo primario.
Successivamente negli anni '70 e '80 una corrente di pensiero che fa capo ad autori come De Myer e Hingtgen ha portato a sostenere il rifiuto del concetto di psicosi infantile cometroppo vago, troppo schierato nella linea di una continuità tra psicosi infantile e psicosi dell'adulto. Così il DSM-III-R e IV propongono una classificazione che distingue nell'ambito dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo il Disturbo Autistico, dove il termine "Pervasivo" indica il conivolgimento di più aree evolutive (in opposizione ai disturbi specifici di sviluppo) ed il termine "sviluppo" introduce una prospettiva evolutiva che pone enfasi sull'età di comparsa nei primi anni di vita. L'ICD-10 colloca l'Autismo infantile nel gruppo sindromico definito come "Sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico".
Le psicosi sono gravi disturbi che si manifestano con rilevanti alterazioni dei rapporti interpersonali e del contatto con la realtà e che determinano notevoli perturbazioni nell'organizzazione della personalità, compromettendone il funzionamento globale sia negli aspetti affettivi sia cognitivi. La capacità di adattamento alla realtà varia in funzione del livello di esigenza ambiantale e del livello di angocscia del bambino. Vi è un funzionamento psichico cosiddetto "arcaico".

ICD-10
    - Autismo infantile
    - Autismo atipico
    - Sindrome di Rett
    - Sindrome disintegrativa dell'infanzia di altro tipo
    - Sindrome iperattiva associata a ritardo mentale e movimenti stereotipati
    - Sindrome di Asperger
    - Altre sindromi da alterazione globale dello sviluppo psicologico
    - Sindrome non specificata da alterazione global dello sviluppo psicologico

DSM-IV
    - Disturbo autistico
    - Disturbo di Rett
    - Disturbo disintegrativo della fanciullezza
    - Disturbo di Asperger
    - Disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato (incluso lìautismo atipico).

I Disturbi Pervasivi dello Sviluppo hanno una POLIMORFA ESPRESSIONE CLINICA, tuttavia sono stati individuati alcuni sintomi comuni:
- alterazioni profonde delle alterazioni affettive con le persone
- gravi disturbi della comunicazione verbale
- alterazione nei rapporti con gli oggetti
- resistenza eccessiva al cambiamento d'ambiente
- disturbi rilevanti dell'identità de della percezione corporea
- disarmonie del comportamento cognitivo per la possibile coesistenza di prestazioni intellettive eccezionali in alcuni settori e del tutto insufficienti in altri.

Alcuni autori hanno identificato dei SEGNI DI RISCHIO:
- 1° mese: turbe alimentari non specifiche, turbe precoci del sonno (insonnia ribelle con pianti continui o insonnia calma con estrema tranquillità in cui il b.no rimane immobile per ore);
- 1-3° mese: anomalie dello sguardo, il bambino non segue con lo sguardo, non vi è risposta del sorriso al volto, particolare difficoltà o assenza della tendenza ad entrare in relazione col mondo degli oggetti);
- 3-6° mese: persistere di anomalie alimentari (il rifiuto di masticare, le anoressie, i vomiti, le difficoltà di svezzamento, i capricci alimentari, le alterazioni del gusto o fobie alimentari), difetto delle capacità anticipatorie (alzare le braccia quando sta per essere preso in braccio), contatto fisico mal sopportato o evitato, ipotonia generalizzata, assenza di dialogo tonico md-b.no, interesse particolare per il gioco con le mani;
- 6-9° mese: evitamento dello sguardo, sguardo periferico, indifferenza ai rumori, suoni o parole, assenza di lallazione, non segni di angoscia dell'8° mese, non piange se la md si allontana
- 9-18° mese: stereotipie motorie, fobie precoci, disinvestimento della marcia, turbe del linguaggio, attaccamento ad oggeti bizzarri ed usati in modo stereotipato, assenza del pointing dichiarativo.

PROGNOSI
Il bambino con diagnosi certa di autismo cresce con il suo disturbo anche se nuove competenze vengono acquisite con il tempo. La prognosi a qualunque età è fortemente condizionata dal grado di funzionamento cognitivo, che a tutt’oggi sembra rappresentare l’indicatore più forte rispetto allo sviluppo futuro.
I bambini che sviluppano il linguaggio entro i 5 anni sembrano avere prognosi migliore, ma occorre ricordare che il linguaggio, sia in comprensione che in produzione, appare anche esso fortemente condizionato dal livello di funzionamento cognitivo.
Studi di follow-up hanno evidenziato che un QI di 70 o più (almeno nei test non verbali), pur rappresentando un indicatore molto forte per un outcome positivo non protegge con certezza da uno scarso adattamento sociale in età adulta (Howlin et al., 2004).
Nel complesso, la particolare pervasività della triade sintomatologica e l’andamento cronico del quadro patologico determinano abitualmente nell’età adulta condizioni di disabilità, con gravi limitazioni nelle autonomie e nella vita sociale.
Al presente un’altissima percentuale (dal 60% al 90%) di bambini autistici divengono adulti non autosufficienti, e continuano ad aver bisogno di cure per tutta la vita. In alcuni casi adulti autistici possono continuare a vivere nella loro casa, avvalendosi di un’assistenza domiciliare o della supervisione da parte di operatori, che si occupano anche di programmi incentrati sul rinforzo di abilità. In alternativa c’è la possibilità di usufruire di strutture residenziali, che offrono non solo possibilità terapeutiche, ma anche opportunità dal punto di vista di organizzazione del tempo libero, attività ricreative, e addestramento a semplici forme di occupazione. Spesso però queste strutture contribuiscono ad isolare maggiormente gli ospiti, non favorendo un inserimento, seppur parziale, in contesti sociali. Un numero molto minore di soggetti autistici (15-20%) è in grado di vivere e lavorare all’interno della comunità, con vari gradi di indipendenza.
Alcune persone con autismo possono arrivare a condurre una vita normale o quasi.

FATTORI DI PROGNOSI SFAVOREVOLE
- Esistenza di fattori organici associati alla psicosi infantile;
- Mancata acquisizione del linguaggio oltre i 5 anni o la sua comparsa molto tardiva;
- Gravità del ritardo intellettivo;
- Precocità della comparsa delle alterazioni (Più precocemente compare e più è probabile un'evoluzione profondamente deficitaria, tuttavia progressiva e regolare senza gli scompensi acuti che si osservano nelle psicosi ad insorgenza più tardiva);
- Patologia psichiatrica nei genitori, fattori ambientali sfavorevoli.


I DISTURBI PERVASIVI DELLO SVILUPPO
Sono caraterizzati da una grave e generalizzata compromissioni in diverse aree dello sviluppo: interazioni sociali, competenze comunicative, comportamenti, interessi ed attività. Il quadro paradigmatico di questa categoria è rappresentato dall'autismo infantile. Lo studio di questi disturbi deriva dal lavoro pioneristico di Kanner che per primo descrisse 11 bambini caratterizzati da intensa chiusura relazionale, con apparente disinteresse o mancanza di consapevolezza della esistenza delle altre persone, incapacit di gioco dsimbolico, grave pertirbazione della comunicazione verbale, ansiosa necessità di mantenere inalterate le caratteristiche dell'ambiente, e con comportamenti ripetitivi.

AUTISMO INFANTILE
DEFINIZIONE DEL DISTURBO (SINPIA)

L’Autismo è una sindrome causata da un disordine dello sviluppo biologicamente determinato, con esordio nei primi tre anni di vita. Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti e alla capacità di stabilire relazioni con gli altri (Baird et al., 2003; Berney, 2000; Szatmari, 2003). L’Autismo, pertanto, si configura come una disabilità “permanente” che accompagna il soggetto nel suo ciclo vitale, anche se le caratteristiche del deficit sociale assumono un’espressività variabile nel tempo. Secondo il DSM-IV è possibile fare diagnosi di autismo in presenza di una compromissione nell'area della interazione sociale, o del linguaggio comunicativo, o del gioco simbolico che è iniziata prima dei tre anni.

Criteri diagnostici per il disturbo autistico secondo il dsm-IV.
Per la diagnosi di autismo sono necessari almeno sei sintomi descritti in 1, 2, 3, con almeno due sintomi da 1 ed almeno un sintomo sia da 2 che da 3.

Criterio A
compromissione qualitativa della comunicazione come manifestato da almeno uno dei seguenti:
a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti e mimica);
b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione delle capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri;
c) uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico;
d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo.

Criterio B
compromissione qualitativa dell’interazione sociale come manifestato da almeno due dei seguenti:
a) marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee, e i gesti che regolano l’interazione sociale;
b) incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo;
c) mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi od obiettivi con altre persone (per es., non mostrare, portare, né richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse);
d) mancanza di reciprocità sociale ed emotiva.

Criterio C
modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati, come manifestato da almeno uno dei seguenti:
a) dedizione assorbente a uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati anomali o per intensità o per focalizzazione;
b) sottomissione del tutto rigida a inutili abitudini o rituali specifici;
c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi movimenti di tutto il corpo);
d) persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.

Sia nei soggetti con ritardo mentale che nei soggetti con normale intelligenza il profilo delle prestazioni è spesso molto disomogeneo, con aree di grande abilità (es. memoria, calcolo, competenze spaziali) ed aree profondamente compromesse. Si associano molto spesso alterazioni comportamentali eclatanti, come iperattività, auto e/o eteroaggressività. La regolazione degli affetti può essere molto primitiva con intense ed acute crisi di angoscia apprentemente immotivate o attivate da stimoli apparentemente minimi o da cambiamenti ambientali.
Vengono da alcuni autori distinti nel gruppo dei bambini autistici quelli ad alto funzionamento (high functioning) e quelli nei quali è associato un ritardo mentale. I primi presentano familiarità per disturbi depressivi, specie di tipo bipolare,ma non disturbi neurologici, acanto ad un quoziente intellettivo normale e ad un linguaggio conservato. I secondi presentano, oltre ad un ridotto quoziente intelettivo, asenza o grave alterazione dle linguaggio, frequenti disturbi neurologici, ma non familiarità per disturbi affettivi.
L'autismo può essere primario, oppure può essere associato ad anomalie genetiche (ad es. fenilchetonuria o sclerosi tuberosa) o cromosomiche (es. X-fragile), ma anche ad affezioni non genetiche come malattie infettice (rosolia, citomegalovirus) o traumatismi che colpiscono precocemente il SNC.

EPIDEMIOLOGIA
L’autismo non presenta prevalenze geografiche e/o etniche, è stato descritto in tutte le popolazioni del mondo, di ogni razza o ambiente sociale. Presenta, viceversa, una prevalenza di sesso, in quanto sembra colpire i maschi in misura da 3 a 4 volte superiore rispetto alle femmine (Fombonne, 2003; Skuse, 2000; Yeargin-Allsopp et al., 2003). Sulla base dei dati attualmente disponibili una prevalenza di 10 casi per 10000 sembra la stima più attendibile (Fombonne, 2003; Volkmar et al., 2004). Tale dato confrontato con quelli riferiti in passato ha portato a concludere che attualmente l’autismo è 3-4 volte più frequente rispetto a 30 anni fa (Fombonne, 2003; Yeargin-Allsopp et al., 2003). Secondo la maggioranza degli Autori (Fombonne, 2001; Baird et al., 2003; Prior, 2003), questa discordanza nelle stime di prevalenza sarebbe dovuta più che ad un reale incremento dei casi di autismo ad una serie di fattori individuabili in:
- modificata definizione dei criteri diagnostici, con inclusione delle forme più lievi;
- maggiore sensibilizzazione degli operatori e della popolazione in generale;
- aumento dei Servizi (anche se ancora decisamente inadeguati alla richiesta, sia
quantitativamente che qualitativamente).

MECCANISMI EZIOPATOGENETICI
Le cause dell’Autismo sono a tutt’oggi sconosciute. La natura del Disturbo, infatti, coinvolgendo i complessi rapporti mente-cervello, non rende possibile il riferimento al modello sequenziale etiopatogenetico, comunemente adottato nelle discipline mediche: etiologia --> anatomia patologica --> patogenesi --> sintomatologia (Rapin, 2004). Va, inoltre, considerato che l’autismo, quale sindrome definita in termini esclusivamente comportamentali, si configura come la via finale comune di situazioni patologiche di svariata
natura e con diversa etiologia (Baird et al., 2003). 

BASI NEUROBIOLOGICHE
Si tratta dell’area di ricerca volta ad individuare eventuali strutture anatomiche e/o circuiti disfunzionali coinvolti nella genesi del quadro clinico-comportamentale.
Strutture anatomiche. Gli studi morfologici del sistema nervoso centrale tramite tecniche di brain imaging non invasive, ottenute tramite TAC e RMN, hanno rilevato spesso anomalie in diverse strutture cerebrali, quali il cervelletto (Courchense, 1998; Kemper et al., 1998), il lobo frontale (Castelli et al., 2000; Schultz et al., 2003), il sistema limbico, con particolare riferimento all’amigdala e all’ippocampo (Baron-Cohen et al., 2000; Schultz et al., 2000; Courchense, 2001).
Attualmente sono sempre più numerosi gli studi di neuroimaging funzionale (RM funzionale, PET, SPECT) effettuati durante lo svolgimento di compiti linguistici o di problem solving sociale, che hanno permesso di identificare nei soggetti normali le strutture encefaliche coinvolte nella realizzazione di obiettivi mentali specifici (Anderson et al., 2003; Castelli et al., 2000; Dawson et al., 1998; Schultz et al., 2003). Diverse ricerche hanno permesso di rilevare che tali aree cerebrali in individui con autismo presentano spesso una minore attività.
Neurotrasmettitori. Si suppone, con una certa attendibilità, che anomalie quantitative o qualitative a livello recettoriale o nei neurotrasmettitori attivi nel sistema fronto-striatale, in particolare la serotonina, la dopamina, l’ossitocina e la vasopressina, possano essere coinvolte nel determinismo del disturbo autistico (Poustka et al., 1998; Volkmar et al., 2004).
FATTORI CAUSALI
E’ l’area di ricerca che cerca di individuare i possibili fattori in grado di avviare la sequenza etiopatogenetica da cui in ultimo deriva il quadro comportamentale di tipo autistico.
Gravidanza e periodo neonatale. Qualsiasi condizione che interferisca con lo sviluppo del cervello può avere teoricamente effetti a lungo termine sulle funzioni sensoriali, linguistiche, sociali e mentali di un bambino, sì da determinare una sintomatologia autistica. Sono state, di volta in volta, chiamate in causa diverse situazioni, quali affezioni mediche interessanti la madre durante la gravidanza, problemi legati al parto o altri fattori ambientali. Allo stato attuale non è stata dimostrata alcuna significativa associazione fra una di tali noxae patogene e l’autismo (Gillberg et al., 1992). 
Ereditarietà e geni. Studi recenti sono suggestivi, come sarebbe da attendersi, per una predisposizione genetica, la complessità e le caratteristiche della sindrome rendono inevitabile immaginare un'origine multifattoriale. 
Nonostante questi dati non siano univocamente interpeetabili, riposrtiamo quanto dimostrato da alcuni studi pubblicati in letteratura:
- i gemelli monozigoti hanno probabilità maggiori rispetto ai gemelli eterozigoti di essere entrambi affetti da autismo;
- i genitori di un bambino autistico hanno un rischio di avere un altro bambino autistico, che risulta da 50 a 100 volte maggiore rispetto al rischio per la popolazione generale (prevalenza);
- alcuni membri della famiglia di soggetti con autismo presentano caratteristiche comportamentali simili, anche se più lievi (quasi impossibile stabilire se questo dato sia da ritnersi a sostegno di una predisposizioe genetica o della rilevanza dei fattori ambientali);
- alcune condizioni patologiche ereditate geneticamente, come la Sindrome da X Fragile e la Sclerosi Tuberosa, si presentano spesso in comorbidità con l'autismo (naturale attendersi che dove vi sono degli ostacoli maggiori rispetto al normale nel comprendere e nel decodificare la realtà, i disturbi psicologici siano più frequenti rispetto alla poplazione normale). Dal 3 al 25% di pazienti con Sindrome da X Fragile presenta anche autismo. La sindrome da X Fragile è stata trovata invece in sporadici casi nelle persone autistiche,
prevalentemente negli individui di sesso maschile. Per quel che riguarda la Sclerosi Tuberosa, dal 17 al 60% di coloro che ne sono affetti sono anche autistici. Al contrario, gli individui con autismo presentano in una percentuale variabile fra lo 0,4 e il 3% anche Sclerosi Tuberosa; il tasso aumenta fino all’8-14% se è presente anche epilessia.
I riscontri epidemiologici su accennati hanno spinto diversi gruppi di ricerca a ricercare geni potenzialmente coinvolti nel concorrere al determinarsi della sindrome dell’Autismo. L’evidenza più forte che è emersa da tali
ricerche è che non esiste “il gene” dell’Autismo, ma esistono piuttosto una serie di geni che contribuiscono a conferire una vulnerabilità verso la comparsa del disturbo (Bailey et al., 1996; Szatmari et al., 1998; Folstein et al., 2001).
I loci genici di maggiore interesse sono stati individuati sul cromosoma 7 (IMGSAC, 1998; CLSA, 1999; IMGSAC, 2001a), sul 2, sul 16 e sul 17 (IMGSAC, 2001b). Nella prospettiva già suggerita, in rapporto alla quale il quadro clinico dell’autismo rappresenta la via finale comune di una serie di differenti disordini neurobiologici, è evidente che i geni implicati possono essere molteplici e di diversa natura. Va, pertanto, rivisto è il paradigma rigido di “un-gene-un-disturbo”. Normalmente, infatti, nel complesso progetto di sviluppo dell’encefalo si coordinano una serie di geni con funzioni diversificate (attivazione, modulazione, inibizione), dalla cui interazione si realizza la trama morfo-funzionale preposta all’utilizzazione dei dati esperenziali e alla loro organizzazione in sistemi di conoscenza e di relazione. Da tale prospettiva discendono due considerazioni fondamentali. La prima riguarda il fatto che se più geni con effetti diversi sono comunque inseriti in un unico processo, il deficit di uno qualsiasi di loro può condurre allo stesso risultato: la vulnerabilità all’autismo. La seconda considerazione attiene strettamente al concetto di vulnerabilità e riguarda il ruolo fondamentale dell’ambiente nell’attualizzazione di tale vulnerabilità. Il ruolo dell’ambiente va, infatti, considerato sia nella sua capacità di incidere “direttamente” sul genotipo, condizionando il complesso meccanismo di interazione genica, sia “indirettamente”, slatentizzando un assetto neurobiologico geneticamente inadeguato all’elaborazione e alla metabolizzazione degli stimoli normalmente afferenti al sistema nervoso centrale.
Immunologia e Vaccini. Sebbene si sia da tempo sviluppato un certo interesse sulle relazioni tra autismo e malattie autoimmunitarie, al momento attuale non ci sono evidenze che meccanismi immunologici possano causare o contribuire all’emergenza delle anomalie organiche riscontrate nell’autismo.
Allo stato attuale non ci sono dati che indichino che un qualsiasi vaccino aumenti il rischio di sviluppare autismo o qualsiasi altro disturbo del comportamento (Parker et al., 2004).

STRUMENTI DIAGNOSTICI

Childhood Autism Rating Scale (CARS) – (Schopler et al., 1988)
Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord et al., 2000)
Autism Diagnostic Interview - Revised (ADI-R) (Lord et al, 1994)
intervista semistrutturata destinata ai
genitori

Autism Behavior Checklist (ABC) (Krug, Arid, Almond, 1980)
E’ dotato di bassa sensibilità e non si mostra tanto
utile come strumento diagnostico, quanto piuttosto come mezzo per la valutazione
degli effetti dell’intervento terapeutico durante le verifiche periodiche.

Gillian Autism Rating Scale (GARS) (Gilliam, 1995).
è una checklist per genitori


ANAMNESI

ANAMNESI FAMILIARE

• Consanguineità.
• Familiarità per disturbi di interesse neuropsichiatrico;presenza di ritardi o disturbi di linguaggio, disturbi cognitivi, disturbi di apprendimento;
• Presenza di malattie genetiche o condizioni mediche conosciute.
GRAVIDANZA, PARTO E PERIODO NEONATALE
Le patologie legate alla gravidanza, al parto e al periodo neonatale non presentano significative
associazioni con l’autismo. Valutare l’eventuale presenza di segni indicativi di una patologia
“intrinseca” del feto, quali un ridotto accrescimento intrauterino, un basso peso alla nascita, difficoltà di adattamento nell’immediato post-partum. Tali segni esprimendo una scarsa competenza del prodotto del concepimento a crescere e a nascere possono essere indicativi di una patologia genetica e/o malformativa.

STORIA DELLO SVILUPPO

epoca e le modalità d’acquisizione delle principali tappe dello sviluppo psicomotorio (sviluppo posturo-cinetico, sviluppo delle competenze cognitive, sviluppo comunicativo-linguistico, sviluppo sociale)
modalità di organizzazione delle principali funzioni di base (alimentazione, ritmo sonnoveglia,
reattività/consolabilità)
profilo temperamentale (molto attento/poco attento; irritabile/tollerante; molto “allegro”/poco “allegro; molto “curioso”/poco “curioso”).

STORIA MEDICA
eventuale presenza di crisi,
condizioni suggestive di encefalopatia.
verificare se sono state presenti manifestazioni di natura allergica.
Altre patologie: diagnosi formulata, esito delle indagini effettuate, interventi praticati e
i risultati da essi conseguiti.

ASPETTI RELATIVI AL DISORDINE ATTUALE

età e modalità di esordio dei segni e sintomi che hanno determinato la consapevolezza nei genitori di un “serio problema di sviluppo”.
sintomi precoci “specifici”, relativi all’area
dell’interazione e della comunicazione sociale, e sintomi “aspecifici” (difficoltà della suzione, ipereccitabilità, difficoltà dello svezzamento, disturbi del sonno) che nel loro insieme configurano un “disturbo della regolazione”, riferito con elevata frequenza nell’anamnesi del soggetto con disturbo autistico.
presenza di regressione
possibili eventi “stressanti” (malattie, incidenti, ospedalizzazioni, morte di uno dei
genitori, bruschi cambiamenti ambientali, etc.).

DEFINIZIONE DEL QUADRO COMPORTAMENTALE ATTUALE DEL BAMBINO

modo di interagire del bambino con loro genitori e con gli altri, modo in cui si rivolge loro per chiedere o comunicare, aderenza alle loro richieste, suoi interessi e modalità con cui organizza le sue attività ludiche.
L’intervista maggiormente con finalità diagnostiche utilizzata a livello internazionale è l’Autism Diagnostic Interview (ADI-R). Utile risulta anche la Gillian Autism Rating Scale (GARS).

DEFINIZIONE DEL FUNZIONAMENTO ADATTIVO ATTUALE DEL BAMBINO

Il livello adattivo si esprime attraverso le autonomie, le modalità di comunicare i suoi bisogni, la gestibilità nel quotidiano.
Invitare i genitori a riferire una giornata-tipo e a riflettere su alcuni situazioni “significative”, quali il momento dei pasti, quello dell’addormentamento, gli incontri con altri bambini, le uscite, le visite con amici o familiari.
L’intervista strutturata maggiormente utilizzata che permetta di tradurre le informazioni in dati “misurabili”: è la Vineland Adaptive
Behavior Scales (VABS).

ESAME OBIETTIVO

ricercare segni e sintomi riferibili a condizioni mediche segnalate in associazione con l’autismo
(sclerosi tuberosa, sindrome dell’X-Fragile, Ipomelanosi di Ito, etc.).
Particolarmente importante è la misurazione di parametri auxologici (statura, peso, perimetro cranico). frequente un perimetro cranico superiore al 90° percentile; questo dato può non
essere presente alla nascita, ma evidenziarsi successivamente. Circa il 25% dei bambini con disturbi dello spettro autistico presenta
macrocefalia.

ESAME NEUROLOGICO

L’esame neurologico standard, finalizzato a valutare l’integrità delle strutture nervose centrali e periferiche dovrà tener conto non solo dei sintomi “maggiori” (spasticità, distonie, atassia, paralisi, etc;), ma anche dei segni “minori” come rilievi aspecifici e di incerta definizione nosografica, quali strabismo, sfumate asimmetrie di lato dei riflessi o del tono, lievi ipercinesie coreiformi, incertezze nella coordinazione dinamica generale.

ESAME PSICHIATRICO
L’osservazione. Essa prevede due momenti: uno
apparentemente non strutturato e l’altro strutturato (= seduta di gioco).
L’osservazione non strutturata: “guardare” il bambino, il suo modo di muoversi, di chiedere, di rispondere alle richieste dei genitori, di esprimere le sue emozioni, di rapportarsi all’altro e di rapportarsi all’oggetto.
L’osservazione strutturata si riferisce, invece, all’organizzazione di situazioni-stimolo in grado di attivare comportamenti “misurabili”.
Il colloquio. Il colloquio rappresenta la naturale integrazione dell’osservazione quando il bambino è in grado di interagire verbalmente.

VALUTAZIONE DELLE COMPETENZE COGNITIVE E LINGUISTICHE

non solo il calcolo del QI totale, ma più in generale la definizione del profilo cognitivo del
soggetto.
andranno valutati attenzione, memoria, abilità visuopercettive-motorie e competenze prassiche.

VALUTAZIONE DELLO SVILUPPO EMOTIVO

♦ espressioni mimiche
♦ atteggiamenti posturali
♦ livelli di attività motoria
♦ comportamenti aggressivi auto- e/o etero-diretti
♦ stereotipie
In particolare andranno valutate le variazioni di tali segnalatori in condizioni di base e in situazioni emotivamente cariche, rappresentate, ad esempio, dal cambiamento o da frustrazioni reali o vissute come tali. valutazione del grado di consolabilità.
VALUTAZIONE DEL PROFILO FUNZIONALE

Valutare le aree di forza e le aree di debolezza del bambino in alcune attività della vita quotidiana, per costruire sul profilo rilevato un programma abilitativo personalizzato.
L’osservazione maggiormente utilizzata è il Psycho-Educational Profile (PEP-R).

INDAGINI STRUMENTALI E DI LABORATORIO
La diagnosi di autismo è basata su criteri esclusivamente comportamentali: non
esistono pertanto indagini strumentali e/o di laboratorio con significato diagnostico, né un marker che identifichi il disturbo.

Vanno tenute in considerazione le seguenti indicazioni:
θ le indagini audiometriche (esame audiometrico comportamentale, potenziali evocati uditivi, ABR) vanno effettuate in tutti i casi (Filipek et al., 2000);

θ le indagini genetiche (analisi del cariotipo ad alta risoluzione, analisi del DNA), vanno effettuate quando ricorre almeno una delle seguenti situazioni:
♦ familiarità per definite condizioni genetiche;
♦ presenza di un ritardo mentale ad eziopatogenesi sconosciuta;
♦ presenza di tratti dismorfici e/o di malformazioni a carico di vari organi ed apparati;
♦ necessità di una consulenza, allargata alla famiglia, in vista di una nuova gravidanza.

θ le indagini metaboliche vanno effettuate quando ricorre almeno una delle seguenti situazioni:
♦ familiarità per definite patologie metaboliche;
♦ presenza nell'anamnesi personale di episodi di letargia, di vomito ciclico o di crisi epilettiche ad insorgenza precoce;
♦ presenza di un ritardo mentale ad eziopatogenesi sconosciuta;
♦ presenza di tratti atipici, dismorfici o altra evidenza di specifici difetti metabolici.

θ l’EEG va richiesto quando ricorre una delle seguenti situazioni:
♦ presenza di crisi epilettiche clinicamente manifeste;
♦ presenza di episodi parossistici di dubbia natura;
♦ presenza di una storia di "regressione" del linguaggio;

θ le neuroimmagini (TC cranio, RM encefalo) non hanno indicazioni per una effettuazione routinaria, dal momento che non si è finora trovata alcuna
associazione specifica a anomalie strutturali cerebrali e autismo. Anche in presenza di macrocefalia, non è indicato l’utilizzo di tecniche di neuroimaging, a
meno che non siano presenti contemporaneamente tratti dismorfici o segni neurologici focali. Tecniche di neuroimaging funzionale (RM funzionale, PET, SPECT) sono attualmente utilizzate solo come strumenti di ricerca.

θ indagini per le intolleranze alimentari vanno effettuate in presenza dei sintomi che possono suggerire una situazione di questo genere;
θ altri tipi di indagini andranno programmate in rapporto ad indicazioni derivanti dall’Esame Clinico o anamnestico, suggestive di quadri patologici associati in comorbidità, per i quali le indagini rappresentano un elemento di conferma diagnostica.
FARMACOTERAPIA
non esiste terapia specifica, piuttosto terapia sintomo specifica per la quale indispensabile afidarsi allo specialista NPI.

INTERPRETAZIONE PSICODINAMICA

Il bambino autistico rimane un bambino con i suoi conflitti con le seu difficoltà e con la sua necessità di essere curato da una persona con una profonda esperienza di psicoterapia dell'infanzia tale da poter essere in grado di relazionarsi a lui, è necessario non ridurre il bambino ad un indidivuo da rieducare o da riabilitare. Il paziente autistico deve potersi sentire compreso in terapia, pertanto deve essere fatto curare da persona esperta.


Bibliografia:
Manuale di psicopatologia dell'infanzia - Massimo Ammanniti
Psicopatologia del bambino - Daniel Marcelli
Psicofarmacoterapia nei disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza
DSM-IVR
ICD-10
L'autismo e le psicosi infantili - (1986). Rivista di Psicoanalisi, 32:575-587 - Adriano Giannotti
Linee guida della SINPIA

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