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Scena primaria

Il termine non viene sempre utilizzato esattamente con lo stesso significato. Tuttavia generalmente ha a che fare con fantasie o idee che il bambino va via via sviluppando sulla natura dei rapporti sessuali tra i genitori.
Inizialmente venne usato in riferimento ad una situazione in cui il bambino era stato effettivamente testimone del rapporto sessuale tra i genitori, quindi il termine venne riferito sopratutto alle fantasie.
Il ricordo diretto, se mai è presente, di solito viene post datato ad un momento successivo. In analisi emerge come ricordo di copertura pieno di distorsioni e di discrepanze. Se viene mantenuto con gran forza e sottili razionalizzazioni diventa un'illusione che spesso è in contrasto e stridente con il buon senso di realtà dell'individuo nei confronti degli eventi consueti della sua vita; ed è solo superando forti resistenze che l'analisi riesce a sradicarla.

Il termine Urszenen (scene primarie) compare in un manoscritto di Freud, la Minuta L (1897) per designare alcune esperienze infantili traumatizzanti organizzate in scenari.
F. afferma che "nel repertorio delle fantasie inconsce che l'analisi può scoprire in tutti i nevrotici, e probabilmente in tutti gli esseri umani, manca raramente l'osservazione di un rapporto sessuale trai genitori".
F. inizialmente riteneva che all'origine del disturbo nevoritico vi fosse un evento reale traumatico avvenuto in infanzia, successivamente abandonò la teoria del trauma reale per dare maggiore importanza al vissuto del soggetto ed alle sue fantasie in merito. Nel caso clinico del "l'uomo dei lupi", nella prima redazione del testo (1914), in cui F. intende dimostrare la realtà della scena primaria, pone in realtà già l'accento che è solo posteriormente che essa è compresa ed interpretata dal bambino; inversamente, quando egli sottolinea l'intervento di fantasie retrospettive, egli sostiene che il reale ha fornito almeno degli indizi (es rumori).

Gaddini ci ha mostrato che dire che il padre è, nello sviluppo infantile, un secondo oggetto, è forse improprio. Un modo più proprio di definirlo dovrebbe tenere conto almeno del fatto che questo secondo oggetto si configura, per la prima volta nell'infanzia, come un oggetto d'amore da acquisire. A differenza infatti della madre (o del seno), che il bambino vive dapprima come Sé e che solo gradualmente apprende a differenziare da sé e a porre come “esterno” (non come estraneo) al Sé, il secondo oggetto si impone al bambino fin da principio come “estraneo” (e poi come esterno) al Sé. Questo fatto nuovo è pieno di conseguenze. I modi in cui il bambino reagisce o risponde a questa esperienza, che è per molti versi sconvolgente, comportano sostanziali modifiche nel rapporto originario con la madre e nella immagine di se stesso. Inoltre, attraverso la situazione triangolare, essi promuovono uno sviluppo decisivo del rapporto oggettuale.
Il padre compare nella vita psichica del bambino molto precocemente, intorno alla seconda metà del primo anno, o poco prima.
Le esperienze di scena primaria sono legate anche alle teorie infantili sulla nascita dei bambini.
I vissuti di scena primaria occupano un periodo di tempo notevolmente lungo e di essenziale importanza per lo sviluppo, che va da quattro-sei mesi di età alla seconda metà del terzo anno.
L'acquisizione del secondo oggetto, vale a dire il suo processo di differenziazione dal rapporto d'identità imitativa con la madre, è d'importanza cruciale per l'evolvere dei processi di identificazione, per la formazione della identità adulta, e in definitiva per una sufficiente maturità del rapporto oggettuale.


Bibliografia:
"Enciclopedia della psicoanalisi" di Laplanche e Pontalis;
E. Gaddini, E. (1977). "Formazione del padre e scena primaria". Rivista Psicoanal., 23:157-183;
F. Greenacre (1998) "La scena primaria ed il senso di realtà". Psicoanalisi.

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