La Divina Commedia è secondo l'autore soprattutto un affresco ambizioso nel cui complicato e multiforme disegno si può trovare il compendio dell'angoscia esistenziale dell'uomo. Al di là della colpa e del castigo, della persecuzione e della paura, il poema vuol essere un'allegoria della vita dell'uomo, del senso più autentico del suo vivere. Vista in trasparenza, l'opera appare come una Gestalt, strutturata attorno a un accadimento centrale che ne costituisce il nucleo significativo, la causa e il simbolo, il motivo e la spiegazione: il processo traumatico e liberatore del nascere. Tutta l'esistenza è nelle sue multiple manifestazioni, una riproduzione simbolica e una rielaborazione della nascita. È sequenza di nascite.
La Divina Commedia è il dramma della vita umana nella misura in cui ripete questa norma fondamentale.
Il suo significato più profondo, e la sua intenzione più inconscia, è secondo l'autore quella di fornire un'allegoria del processo della nascita.
L'imbuto dell'Inferno con i suoi nove cerchi è una chiara metafora della vita intrauterina sempre più stretta e terribile a partire dai primi mesi (cerchi) fino al nono e ultimo, termine del viaggio infernale, quando Dante si volta ponendosi a testa in giù come il feto prima di iniziare il passaggio verso la vita extrauterina, ed emerge verso l'emisfero boreale.
La nascita propriamente detta è simbolizzata dal passaggio del Purgatorio, alla fine del quale Dante (il bambino) si stacca dalla madre (la terra di cui è fatto l'Inferno e il Purgatorio) ed emerge nel cielo (aria, libertà, spazio aperto del “fuori postnatale). E qui nel cielo, cielo che è chiaro simbolo della vita extrauterina, si trova Dante, il bambino, con Dio, il padre che libera, e con la Vergine, versione idealizzata della madre buona.
L'autore sostiene che la Divina Commedia è un'allegoria della vita, di una vita però la cui immagine radiografica rivela il profilo segreto del suo scheletro fondamentale: quello di un “vivere nascere”. In ogni canto, in ogni episodio, in ciascuna delle tre cantiche e nel suo insieme, si ritrova la medesima struttura, gigantesca, o in miniatura. Esempi: a) nel suo insieme il tragitto dell'itinerario dantesco, equivale alla traiettoria del bambino nei tre momenti essenziali della sua vita: il suo principio nell'Inferno (il prenatale e l'intrauterino) il suo passaggio per il Purgatorio, (l'intranatale) e il suo emergere (postnatale ed extrauterino) nella luce del Paradiso dinnanzi a Dio, alla Vergine e ai Santi (padre, madre e fratelli); b) l'Inferno e il Purgatorio, presi anche come un insieme, sono l'allegoria di questa stessa nascita, nella quale l'Inferno è il ventre della madre, il cunicolo pietroso e oscuro, il canale del parto, e l'isola del Purgatorio, il mondo postnatale;e) l'ingresso all'Inferno con Virgilio, attraverso la porta senza ritorno, il passaggio dell'Acheronte, il transito da ciascun cerchio a quello seguente e via di seguito, sono infiniti arabeschi ricamati intorno ad una tematica centrale: la incomprensibile avventura dell'uomo, il suo incredibile viaggio dal nulla verso il nulla, nel quale la sola cosa che si può discernere con una certa chiarezza, è il fluire in una direzione determinata, senza principio né fine, o per lo meno senza principio conosciuto e senza fine percepibile. Una direzione, un fluire, un senso, che dicono sempre e insistentemente la stessa cosa: l'anelito di ogni essere vivente (e dell'uomo in particolare, in quanto conscio di vivere) rivolto ad emergere dal chiuso verso una libertà irraggiungibile.
Abadi, M. (1962). Dante e la Divina Commedia (*). Rivista Psicoanal., 8:195-213
(Traduzione dal testo originale spagnolo della dott. Emiliana Mazzonis)
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