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Come sopravvivere da psicoterapeuta

Nina Coltart

"Ciò a cui aspiriamo è una sopravvivenza piacevole. ... La sopravvivenza alla prima fase del training è molto diversa dalla sopravvivenza nelle fasi successive". I primi anni "del restarci" sono molto più duri di quelli "dell'arrivarci".
Nel corso della formazione quasi tutta la settimana lavorativa è dedicata a questo scopo: tra analisi, supervisioni, ore di studio, tempo per gli spostamenti, lezioni.. 
"Per un allievo sposato che cerca di partecipare all'educazione dei figli vi sono seri inconvenienti; credo del resto che sia da imputare proprio a qusto motivo la continua diminuzione nel reclutamento di partecipanti realmente validi. I didatti più anziani sono a volte accusati di perdere il contatto con il mondo reale, e a volte sembra che tale sospetto sia più che giustificato".
"Prima il neospecializzato comincia a reggersi sulle proprie gambe, meglio è. La terapia è essenzialmente un'arte in cui la fiducia in sé è all'ordine del giorno. Prima questi adulti di mezza età emergono dalla bambagia protettiva del training, prima se ne renderanno conto".
"Non si pensi però che l'event preciso della specializzazione trasformi l'allievo in un analista o in un terapeuta ...". "La mia analista mi ha detto: 'Sì, è un bene che tu abbia terminato il training. Adesso ti ci vorranno altri dieci anni per diventare un analista'".


Tratto da:
"Come sopravvivere da psicoterapeuta" di Nina Coltart

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